Commercio

L’arte degli affari dei lucchesi

La Lucchesia è da sempre la terra del commercio. Fin dall’epoca dei grandi mercanti lucchesi di seta, i primi a trovare fortuna oltre i confini del proprio stato, temuti, invidiati e rispettati in ogni piazza europea, che poi divennero una casta potente in grado di condizionare non solo il destino economico della piccola repubblica ma anche le sue sorti politiche. Gli esordi della nuova classe dei mercanti di seta avvenne agli albori del processo autonomistico dei comuni rispetto all’impero, che vide in lucchesia, prendere corpo questo potentato economico che, verso la fine del XII secolo, creò la Corte dei Mercanti, un organo di vigilanza e tutela della categoria in patria come all’estero. Il successo della seta, durato almeno quattro secoli, fu il frutto delle grandi abilità dei mercanti lucchesi a tessere importanti rapporti internazionali, provvedendo direttamente ad acquistare le materie prime e poi commissionando i lavori in patria, prima di rivendere il prodotto finito sulle piazze di mezz’Europa, da Lione a Bruges, ad Anversa. La seta generò un diffuso benessere e anche quando finì l’epoca d’oro, nel cinquecento, il commercio rimase nella natura dei lucchesi che dettero vita ad un tessuto economico cittadino estremamente vario ma parcellizzato, in cui molti avevano un’attività in proprio dove mettere a frutto il proprio ingegno e il senso per gli affari. L’arte di saper mercanteggiare dei lucchesi, così come quella di saper creare una piccola impresa in tanti settori è divenuta un’importante ancòra di salvataggio per l’economia cittadina nei momenti di crisi generale e la base della nascita di una nuova classe borghese che, poi, prese le redini nella città.

Tutta la città era un pullulare di zone commerciali, come indicano ancora i nomi di vie e piazze, una volta destinate agli scambi di certi prodotti, come: via beccheria per la carne, piazza dei cocomeri, corte delle uova, corte del pesce, vicolo delle ventaglie, piazza della legna o di S.Salvatore, delle erbe e della neve per fare i sorbetti.

Ma a consacrare l’arte di fare affari dei lucchesi, quasi anche a frenarne l’indole e a proteggere il cliente, è rimasto ad eterna memoria, impresso nei marmi del duomo di S. Martino, il giuramento che dal 1111, chi voleva mercanteggiare nella piazza antistante, da cui passavano ogni anno decine di migliaia di pellegrini che si recavano in città per visitare il Volto Santo, doveva effettuare. Quel giuramento solenne, imposto dal vescovo Rangerio, imponeva a cambiavalute e speziali di non fare furti, truffe e falsificazioni entro la corte di S. Martino, dove comunque si facevano affari d’oro… Progressivamente, in città comparvero botteghe, dalla classica forma a “T”, dove si vendeva di tutto. Già, nel 1737 nel centro cittadino si contavano undici negozi di orefici, quarantotto di merciai e chincaglieria varia, saliti a 72 nel 1766, dodici di speziali, otto di droghieri, divenuti poi diciotto trent’anni dopo, nove librai, sedici calzolai e, nel 1766, anche sette cappellai. Ma la piazza per antonomasia in cui si faceva il commercio dall’antichità e in cui non si è mai smesso è stata piazza S. Michele, che sin dai tempi dei romani era il “fòro”, il centro della vita cittadina e il punto di incontro tra le persone. Fu il Nottolini a trasferire in piazza dell’Anfiteatro, nell’ottocento, il mercato dei generi alimentari, prima che nuove considerazioni successive, consigliassero ulteriori spostamenti.

Lo sviluppo del commercio in provincia è stato esponenziale nel ventesimo secolo e solo nel 1934 si contavano circa 6.500 ditte di cui 3.000 di generi alimentari e affini; 900 tra alberghi, trattorie, caffè e bar; 700 esercizi per filati, tessuti e abbigliamento; 250 di prodotti chimici e medicinali; 250 di produzione di mobili e vetrerie e 150 per i metalli. E se fino agli anni cinquanta era il centro cittadino l’area gravitazionale di ogni tipo di merce prodotta anche in periferia, da allora hanno cominciato a svilupparsi centri commerciali nei singoli comuni. La trasformazione è avvenuta anche a Lucca dove, da tempo, la via principale dei negozi è diventata via Fillungo, la “passeggiata” dei lucchesi.

E ancora oggi, il commercio lucchese regge al confronto del nuovo che avanza, grazie alla riscoperta di vecchie attività e botteghe, puntando sui prodotti tradizionali e sulla qualità dei propri articoli e servizi, per poter mantenere una propria nicchia di mercato. Un tentativo supportato anche dalla valorizzazione dei centri commerciali naturali, come risposta alla grande distribuzione, attraverso il recupero di vie e piazze storicamente già importanti per la presenza di numerosi piccoli esercizi commerciali. Grazie all’impegno di enti pubblici e dei singoli imprenditori, adesso, sono diventati un polo di attrazione per la clientela, sviluppando iniziative in comune e facendo della riscoperta delle peculiarità delle piccole attività, quali il servizio e la cortesia, il loro punto di forza. Così, oggi, troviamo in provincia numerosi “centri commerciali naturali” tra cui il centro cittadino di Lucca, Capannori e Altopascio.

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